Io, patriota Italiano-Europeo

Fuori da facili luoghi comuni e stereotipi. Come quelli secondo cui l’Italia sarebbe un Paese solo di mafia e criminalità, e l’Europa solo regno degli zero virgola e della curvatura dei cetrioli.
La prospettiva è quella di un «patriota», italiano ed europeo, quale mi considero sin dalla giovinezza. E soprattutto da quando vivo, per ragioni familiari prima, e professionali poi, a cavallo tra l’Italia e l’Europa.
Sforzandomi sempre di vedere le mie due Patrie con l’amore del patriota, ma anche con il distacco dell’osservatore e del giornalista indipendente.
A difesa dell’Italia in Europa e dell’Europa in Italia
Un punto di vista che mi porta spesso a difendere l’Italia in Europa e l’Europa in Italia, accettando il rischio di essere considerato troppo europeista in Italia e troppo nazionalista fuori.
Una delle mie rare convinzioni – tra i tanti dubbi che mi spingono sempre alla ricerca, spesso illusoria, di verità nelle cose terrene – è che non possa esistere un’Italia libera, sicura, democratica ed indipendente, al di fuori di un’Europa unita. Come non ci potrebbe essere un’Europa senza l’Italia.
Il mio essere patriota, senza lanciarmi in azzardate elucubrazioni filosofiche o semantiche, si basa sulla definizione che ne viene data dall’Enciclopedia Treccani: “persona che ama la patria e mostra il suo amore lottando o combattendo per essa”.
Come sempre dalla Treccani viene la mia più semplice definizione di Patria, quale: “territorio abitato da un popolo e al quale ciascuno dei suoi componenti sente di appartenere per nascita, lingua, cultura, storia e tradizioni».
Sono figlio del Mediterraneo
Il mio codice genetico, che ho voluto fare analizzare, mi ha dichiarato essere all’86,2% Europeo (solo per lo 0,1 % fuori del Sud Europa), il restante 13,8% prevalentemente mediorientale e nord-africano.
Mio padre Domenico è siciliano, come tutta la mia famiglia paterna. Mia madre Maria Luisa è nata a Tripoli, in Libia, da padre umbro, Vittorio Falcinelli, e madre greca, Caterina, di Corfù, come il mio bisnonno materno, Costantino Zavojani. Anche se il cognome ha origini veneziane. La mia bisnonna materna, Adalgisa Cantone, di Pomigliano d’Arco, aveva invece anche antenati spagnoli.
Nato a Merano, in Alto Adige (o Südtirol, come dicono, legittimamente, in molti da quelle parti), sono cresciuto, sino al mio arruolamento nella Guardia di Finanza, a Cividale del Friuli. Florence, mia prima moglie e madre dei miei quattro figli – Alessia, Stéphane, Barbara ed Emanuele – è invece francese. Come è francese anche Hélène, la mia attuale moglie.
Due dei miei nipoti, figli di mia figlia Alessia, Rosanna ed Enzo (con papà, Nouredine Ait-Aoudia, di origini cabile), sono nati e vivono a Parigi. Gli altri due, Alessandro ed Aurora, figli di mia figlia Barbara (con papà Andrea Casaroli, romano de Roma) sono nati e vivono nella capitale.
Io, dal 1990, vivo nel Nord-Europa, a Bruxelles.
Penso quindi sia facile comprendere perché mi senta profondamente radicato per nascita, lingue, cultura, storia e tradizioni all’Europa in generale, ed all’Italia in particolare. Le mie due patrie, appunto.
Un filo conduttore di tre passioni professionali realizzate
Ho avuto una vita professionale fortunata, forse anche privilegiata.
Da ragazzo avevo tre passioni e tre desideri per il mio futuro. Esitavo tra il giornalismo, la carriera militare e quella diplomatica.
Ho avuto la fortuna – aiutata forse in parte anche da qualche merito e sacrificio personale – di riuscire a soddisfare tutte e tre queste passioni.
Ho cominciato col giornalismo. L’ho iniziato a praticare da adolescente, ai tempi del liceo, a Udine, sulle colonne del Gazzettino. Attività che mi ha anche permesso di vincere, nel 1976, il premio giornalistico “Diventate giornalisti con noi”, consistente in un soggiorno linguistico ad Oxford. Seppure i miei primi scritti – un paio di temi – siano stati pubblicati da Lo Scolaro, e risalgano a quando frequentavo ancora le scuole elementari.
Da allora non ho mai abbandonato l’attività giornalistica. Neppure dopo aver deciso di entrare all’Accademia della Guardia di Finanza, nel 1979, soddisfacendo quindi la mia seconda passione, quella per la carriera militare. Ho iniziato presto a collaborare con la rivista ufficiale della Guardia di Finanza, Il Finanziere”. Del quale sono poi diventato il caporedattore dal 1985 al 1990. Nel 1990 ho assunto il ruolo di primo ufficiale della Guardia di Finanza, ma anche di primo militare ed appartenente alle forze di polizia in assoluto, non solo italiane, distaccato, prima, come esperto nazionale, poi, fuori ruolo, come agente temporaneo ed infine funzionario, presso le istituzioni comunitarie, poi divenute Istituzioni dell’Unione europea.
Riuscendo quindi a soddisfare anche la mia terza passione, quella per la carriera diplomatica-internazionale.
Tre passioni che ho coltivato in parallelo o alternandole. Perché l’inizio della mia collaborazione con la redazione del Finanziere, prima di essere chiamato a dirigerla, fa seguito ad un viaggio d’istruzione con l’Accademia negli Stati Uniti.
È stata infatti l’occasione per cominciare a scrivere una serie di articoli sulle diverse agenzie investigative federali Usa. Dall’FBI, al Custom Service; dalla Criminal Investigation Division dell’IRS (quelli che arrestarono Al Capone per evasione fiscale, per intenderci, e la cui azione ha ispirato il celebre film “Gli intoccabili”, con Kevin Costner e Sean Connery), alla Coast Guard; dall’ATF (Ufficio dell’Alcol, del Tabacco e delle Armi da fuoco) al Secret Service (che si occupa della lotta alla contraffazione del dollaro e della sicurezza dei Presidenti ed ex Presidenti statunitensi).
A questi seguirono altri articoli sui servizi investigativi che collaboravano, o che avrebbero potuto collaborare, con la Guardia di Finanza nel mondo, ma soprattutto in Europa.
Questi studi comparati sui sistemi investigativi – che al Comando Generale erano spesso usati per preparare i briefing in occasione delle visite ufficiali di quei servizi – hanno stimolato la mia curiosità per quanto avveniva fuori dei confini nazionali. Nei settori che riguardavano la mia attività di finanziere, ma anche di giornalista e comunicatore.
Perché al Comando Generale della Guardia di Finanza fui protagonista, assieme ad una squadra di fantastici collaboratori ed una gerarchia illuminata, considerati i tempi, di un’avventura indimenticabile. Iniziando una vera rivoluzione nella comunicazione istituzionale della Guardia di Finanza, destinata a creare una sua nuova immagine, dopo che questa, nella prima metà degli anni ’80, era stata fortemente intaccata dallo “Scandalo dei Petroli”. Quanto seminato in quegli anni è stato raccolto negli anni successivi. Durante i quali quelle esperienze sono state quasi sempre messe a frutto, consolidate e sviluppate dalla maggior parte di coloro che ci hanno seguito. Anche col supporto ricevuto dall’esperienza, a livello europeo, della Rete dei comunicatori antifrode dell’Olaf (Oafcn) che io avevo creato nel 2000. E non credo che sia un caso che, il V Reparto del Comando Generale, responsabile della comunicazione istituzionale del Corpo, dopo quegli anni, abbia espresso ben due Comandanti generali (Giorgio Toschi e, l’attuale, Andrea De Gennaro) dei cinque sinora provenienti dalle file della Guardia di Finanza. E non escludo ce ne possano essere anche altri in un prossimo futuro.
Mia idea, ad esempio, fu la realizzazione, sostenuta dall’allora Comandante Generale, Gaetano Pellegrino, e dal Capo del V Reparto del Comando Generale, generale Italo Pappa, della prima campagna di comunicazione del Corpo, “Guardia di Finanza, dalla parte degli onesti”.
Lanciata nel 1988, ha anticipato di alcuni anni la stagione di Mani Pulite.
Altre testimonianze di quel periodo si possono ritrovare nella raccolta del Finanziere di quel magico quinquennio. Periodo durante il quale, nei giorni in cui nasceva il mio secondogenito, ho contribuito alla celebrazione del centenario del giornale. Coinvolgendo nella redazione del numero speciale, dedicato all’evento, giganti del giornalismo nazionale, quali Ruggero Orlando, Maurizio Costanzo, Bruno Vespa ed altre firme di grande prestigio.
La mia gratitudine alla Guardia di Finanza
Sono grato alla Guardia di Finanza ed agli uomini che in quel momento la dirigevano – perché ogni istituzione è fatta, soprattutto, dalle donne e dagli uomini che la dirigono e ne fanno parte – per avermi sostenuto ed incoraggiato in questa attività. Permettendomi anche di frequentare, seppure con un notevole sacrificio ed impegno personale (di sera e dopo l’orario del normale servizio) la Scuola di specializzazione in giornalismo e comunicazioni di massa della LUISS, a Roma.
Questa formazione mista, da investigatore e comunicatore aperto al mondo, all’Europa ed alle relazioni internazionali – durante i corsi dell’Accademia, mi ero specializzato presso la Società Italiana per le Organizzazioni Internazionali (Sioi), la tesi in Diritto internazionale della mia prima laurea, in Giurisprudenza, era sulla cooperazione internazionale contro le frodi doganali, ed avevo creato una rubrica europea sul Finanziere – mi rese appetibile alla Commissione europea. Che nel 1990 mi propose, dopo aver superato severe prove di selezione, di entrare nei suoi servizi antifrode. A quel tempo ai loro primi passi.
La Guardia di Finanza, grazie a vertici illuminati come il Comandante Generale pro-tempore, Luigi Ramponi, e l’allora capo del Personale del Comando Generale, Nicolò Pollari, dopo che avevo ricevuto il nulla osta della mia gerarchia diretta (i generali Daniele Caprino e Salvatore Golino) per rivolgermi a loro, seppero vedere immediatamente, con lo sguardo lungimirante che caratterizza solo i grandi personaggi, l’interesse strategico per il Corpo. Derivante da una sua, allora inedita e senza precedenti in tempo di pace, proiezione fuori dai confini nazionali. E mi permisero quindi di accettare l’incarico, che mi era stato offerto a titolo personale. Autorizzando il mio distacco prima, ed il collocamento fuori ruolo, poi, presso i servizi antifrode della Commissione europea.
Ritengo di aver ripagato la Guardia di Finanza, ma anche l’Italia, per questa visione, e per la fiducia che mi era stata accordata. Perché, a differenza di quanto a volte accade – e di quanto, mio malgrado, ho visto talvolta accadere da parte di qualche (per fortuna isolato) collega – io non mi sono mai scordato di essere un Finanziere. E neppure un italiano. Come non mi sono mai dimenticato di essere un cittadino, oltre che un dirigente, dell’Unione europea.
Non solo perché avevo l’obbligo morale di non tradire la fiducia di chi aveva creduto ed investito su di me, ma soprattutto perché non potevo tradire, seppure nell’assoluto e costante rispetto di tutti i miei obblighi nei confronti dell’Unione europea, il mio essere autenticamente patriota italiano, oltre che europeo.
In ciò mi ha sicuramente aiutato e ispirato il mio giuramento di fedeltà alla Repubblica Italiana, nell’osservanza della Costituzione e delle sue leggi. Che, soprattutto in forza degli articoli 10 e 11 della Costituzione, comprendono anche quelle dell’Unione europea. Avendo giurato anche di «adempiere con disciplina ed onore tutti i doveri del mio stato» (così recita la formula), il mio rispetto delle norme a tutela dell’indipendenza e della lealtà dei funzionari dell’Ue veniva rafforzato, nel mio status di funzionario Ue, da questo giuramento di osservanza della Costituzione della Repubblica Italiana, e dall’essere una Fiamma Gialla europea.
È così che ho permesso alla Guardia di Finanza, da un lato, di farsi conoscere ed apprezzare in Europa. In un momento in cui la sua singolarità, quale forza di polizia tributaria, ad ordinamento militare ma dipendente dal Ministro delle Finanze, era vista da molti, anche all’interno del Corpo, come un limite, se non una criticità.
Ma permettendo dall’altro, all’Italia, di cominciare a smentire, con i fatti, e non con le chiacchiere o gli slogan, l’immagine stereotipata, e spesso ingiusta, di paese fino allora considerato solo patria della frode e dell’illegalità.
E da questa conoscenza è nato un utilizzo sempre più ampio della Guardia di Finanza nella tutela degli interessi, non solo finanziari, dell’Unione europea. Con un progressivo ingresso presso le istituzioni europee, dalla porta che io avevo aperto per primo, di un numero crescente nel corso degli anni di finanzieri e appartenenti alle altre forze dell’ordine italiane. Molti dei quali, soprattutto nei primi decenni, io stesso ho provveduto o incoraggiato a reclutare direttamente. Rendendo in tale modo servizio alle mie due patrie.
La quasi totalità di questi colleghi hanno saputo condividere, e continuano a farlo, il mio stesso sentimento di Fiamma Gialla Italiana ed europea. Assieme ad alcuni di loro, nel 2014, ho fondato l’unica sezione attualmente esistente all’estero dell’Associazione Nazionale Finanzieri d’Italia (ANFI). Quella di Bruxelles-Unione europea.
In alcuni aneddoti e riflessione sui miei tre decenni di carriera presso le Istituzioni Europee, ho cercato più che ho potuto di ispirarmi all’insegnamento di San Josemaria: “Non fare critica negativa: se non puoi lodare, taci”.
Sono aneddoti e riflessioni che traggono spunto, prevalentemente, dalla mia lunga permanenza presso i servizi antifrode europei. Ma che comprendono anche un periodo di grandissima soddisfazione professionale, vissuto collaborando con l’allora Vicepresidente della Commissione Europea, responsabile per l’Industria e l’Impresa, prima che diventasse Presidente del Parlamento europeo e, nel 2022, Vicepremier e Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale in Italia. Mi riferisco ad Antonio Tajani. Rimandando in particolare al penultimo capitolo del libro le ragioni della profonda stima, ma anche della gratitudine, che nutro nei suoi confronti.
Tra l’Italia e l’Europa
La mia vita professionale degli ultimi tre decenni, a cavallo tra l’Italia e l’Europa, mi ha portato a dover difendere spesso l’Italia in Europa e, soprattutto negli ultimi anni – dopo aver lasciato il servizio attivo presso la Guardia di Finanza, nel 2014, e presso la Commissione europea, nel 2018 -, l’Europa in Italia.
In un’epoca di altalenante – e piuttosto inedito, per l’Italia – euroscetticismo da parte di alcuni. Euroscetticismo fortunatamente molto attenuatosi, grazie al Governo di Mario Draghi, sulla cui linea, va detto, si è posto subito, in ambito europeo ed internazionale, alla fine del 2022, anche quello di Giorgia Meloni. Che ha avuto, ai miei occhi, il grande merito di aver dimostrato sin dall’inizio del suo mandato, la volontà di circondarsi di europeisti convinti e di grande esperienza europea. Quali Antonio Tajani, il Ministro per gli affari europei Raffaele Fitto, ed il suo stesso consigliere diplomatico, l’ambasciatore Francesco Maria Talò.
Dopo qualche problemino fisico, che i medici mi hanno consigliato di non sottovalutare, ho deciso di ridurre drasticamente la velocità di crociera delle mie attività e, soprattutto, il livello di stress di una vita professionale estremamente intensa, seppure entusiasmante, aveva silenziosamente messo a dura prova il mio organismo. Al quale, incurante del tempo che passava, ho chiesto alte prestazioni durante tutta la mia vita professionale, sin dall’età di vent’anni.
Ed è così che, nel 2018, seguendo il consiglio dei medici, ho deciso di lasciare anzi tempo la Commissione europea.
Molte soddisfazioni in due carriere
Dopo essermi congedato anticipatamente dalla Guardia di Finanza, nel 2014, ed avere ottenuto il grado di Generale, scegliendo di restare alla Commissione europea – rinunciando alle possibilità di altre promozioni e importanti incarichi, qualora fossi rientrato in Italia – dopo aver raggiunto da tempo il quattordicesimo grado (AD14, su un massimo di sedici) della funzione pubblica europea, mi sono dovuto privare della possibilità di poter forse salire anche sugli ultimi due gradini.
L’ho fatto con grande serenità e senza alcun rimpianto.
Perché nella carriera professionale, come nella vita, ho sempre privilegiato il viaggio rispetto alla meta. Divertendomi molto più nell’impegno a lasciare sempre una traccia del mio passaggio e della mia opera. Come mi raccomandò un mio vecchio e valoroso comandante, il Generale Salvatore D’Amato. Piuttosto che nel raggiungimento di una migliore posizione. Ed è stato un metodo che, grazie anche alla buona sorte, non mi ha neppure privato della soddisfazione di raggiungere posizioni di alto livello, in ben due prestigiose carriere parallele.
Il coraggio di sapermi accontentare
Secondo il grande Tiziano Terzani, “c’è una bella parola in italiano, che è molto più calzante della parola felice, ed è contento. Accontentarsi. Uno che si accontenta è un uomo felice. Perché questo sistema fondato sulla crescita dei desideri – c’è sempre un desiderio che per te è irraggiungibile – rende tutti infelici”.
Io mi sono congedato anticipatamente, da Guardia di Finanza e Commissione europea, con lo stesso spirito col quale, all’età di diciotto anni, nel 1977, subito dopo essere stato inserito nella lista degli atleti I.O. (di interesse olimpico) della spada per le Olimpiadi di Mosca 1980, per ragioni diverse, ho deciso di abbandonare la scherma. Che praticavo, con un certo successo, e moltissimo impegno, dopo essere stato campione regionale, anche a livello nazionale e internazionale, da un decennio.
Probabilmente, nei tre anni precedenti i giochi olimpici, non sarei stato capace di dimostrare di meritare di fare parte della nazionale di spada. Ma il fatto di poter ancora oggi credere che, forse, avrei anche potuto farne parte, risparmiandomi la delusione di essere stato eliminato in corsa, è qualcosa che mi ha sempre divertito.
Aiutandomi a pensare che sarebbe bello se ogni cosa potesse terminare di propria volontà. E, se possibile, al momento più alto dei propri risultati. Perché è sempre più difficile lasciare quando si è costretti a farlo: dalla sconfitta, dal declino, o dai semplici limiti anagrafici.
Meglio quindi sapersi ritirare, se possibile, quando si è ancora potenzialmente in ascesa.
Con lo stesso spirito e la stessa soddisfazione con i quali, un grande Comandante Generale della Guardia di Finanza, il Generale Gaetano Pellegrino, mi confidò accingersi a lasciare il comando delle Fiamme Gialle. Rinunciando a qualunque altro alto incarico gli sarebbe stato proposto.
“Dopo aver avuto il grandissimo onore di essere stato il Comandante Generale della Guardia – come amava chiamare la Guardia di Finanza – potrei essere disponibile solo per un’altra funzione: quella di Pontefice”, mi disse. “Ma, poiché so di non averne le qualità, non potrò accettare nessun altro incarico”, concluse questo grande Generale gentiluomo, da molti definito un asceta della vita militare.
Ma, ovviamente, è solo un’idea personale, che riflette la mia naturale propensione a cercare di vedere il bicchiere mezzo pieno, senza mai piangersi addosso. Utilizzando quello che, in altra parte di questo libro, definisco il coraggio di sapersi accontentare, che io credo aver provato a me stesso di possedere. Seppure facilitato dalle indubbie soddisfazioni ricevute, in ben tre appassionanti capitoli professionali.
Donare è il miglior regalo che si possa fare a sé stessi
Alla scelta di lasciare anticipatamente la Commissione europea, seguendo i consigli medici ricevuti, si è sinora accompagnata la mia personale decisione di rifiutare qualunque attività che non mi consenta la libertà da ogni forma di dipendenza. Materiale e di pensiero.
È la ragione per la quale ho sinora rifiutato diverse – alcune anche lusinghiere – proposte. Comprese quelle di legarmi ad una sola testata giornalistica, o di candidarmi per un partito politico.
Il mio spirito di servitore delle istituzioni, rimasto integro anche in congedo, mi ha sinora reso impossibile l‘idea di indossare un’etichetta di parte.
Come mi ha, sinora, reso impossibile accettare di dipendere da entità diversa dalle Istituzioni. Dopo aver indossato la giubba del Re per una vita, servendo cioè solo le istituzioni, citando il titolo di un libro-intervista di Piercamillo Davigo (del quale poche altre cose condivido sul suo modo di intendere la giustizia), che disse essere stato ispirato dal consiglio, ricevuto dal padre, di non dipendere mai da qualcuno che non fosse, appunto, “il Re”, cioè lo Stato, le Istituzioni, non credo saprò mai capace di adattarmi a farlo.
Pure politicamente, come tutti, ho ovviamente le mie idee. E, quando lo ritengo, non esito ad esprimerle, anche pubblicamente. Mettendoci la mia faccia e la mia firma. Soprattutto da quando ho la libertà di rispondere solo di me stesso, e non rappresento più alcuna Istituzione.
Ma proprio per amore della mia indipendenza di pensiero, ho deciso di godermi la libertà che deriva dal fare e dal servire, nel rispetto delle mie idee e dei miei valori, anche senza chiedere nulla in cambio.
Ed è per questo che spesso ho deciso di offrire il mio tempo, e a volte anche il mio denaro, solo alle cause in cui credo davvero. A favore soprattutto di chi ha più bisogno, e dei più vulnerabili. Direttamente o attraverso organizzazioni come, ad esempio, la Fondazione Mato Grosso, ed il Desk anti-stalking del Codacons, cui ho deciso di devolvere tutti i proventi derivanti dalla vendita di questo libro.
Ma anche della possibilità di esprimermi liberamente, al di fuori di qualunque ordine di scuderia. Da chiunque esso provenga, e che non sia quello della mia coscienza, e del rispetto dei mie unici vincoli, oltre a quelli di un qualunque cittadino, ai quali mi sento ancora sottoposto, e che non ho alcuna intenzione di disattendere.
Quelli cioè di mantenere sempre una condotta compatibile con la dignità, il decoro e l’onore del grado da me tuttora rivestito nella Guardia di Finanza, seppure in congedo.
Quello di astenermi da ogni divulgazione non autorizzata di informazioni (che non siano già pubbliche) di cui sia venuto a conoscenza nel contesto delle mie funzioni presso la Commissione europea, compresa la pubblicazione di testi che possano “compromettere gravemente gli interessi legittimi dell’Unione europea”.
Ed infine, quelli previsti dalle norme deontologiche dell’Ordine dei giornalisti, al quale sono iscritto dal lontano 1989.
Assieme al piacere di offrire senza nulla chiedere in cambio, sono sinora riuscito a soddisfare anche il mio desiderio di fare soltanto ciò che voglio, anche quando scrivo, e di farlo solo se e quando lo voglio. Secondo i miei valori ed i miei credi, sempre improntati allo spirito di lealtà, ancorché assolutamente libero e indipendente, a quelle che da sempre sono le mie due Patrie.
Questa scelta deriva anche, e soprattutto, dalla scoperta che c’è più gioia nel dare che nel ricevere.
Ricordo, tanti anni fa, l’Architetto Carlo Fratini, padre del mio amico Francesco, insigne avvocato fiscalista, raccontarmi del suo desiderio di acquisire la libertà assoluta. Quella insegnata da San Francesco d’Assisi, del vivere e morire in povertà. Nel distacco dalle cose materiali. Che significa anche distacco dal bisogno di ricevere sempre qualcosa in cambio per ciò che si fa. E mi confermò così un insegnamento che avevo colto da un detto di Albert Einstein: “il valore di una persona risiede in ciò che è capace di dare e non in ciò che è capace di prendere”.
Dopo aver festeggiato l’88° compleanno di mia madre, il 21 luglio 2023, assieme a mio padre, novantaduenne e malato di Parkinson, la loro badante Maxim, mia figlia Barbara, suo marito Andrea, ed i miei nipotini Alessandro ed Aurora, mi accingevo ad andare al funerale di una cara amica, mia coetanea, e, non credo a caso, ho trovato su Facebook una bella riflessione. Che cerco da tempo di non dimenticare mai. E che ho voluto condividere con coloro che amo, assieme ad amici, lettori e contatti.
Una riflessione che, se tutti non ce ne dimenticassimo troppo spesso, permetterebbe al mondo di essere davvero migliore:
«Sei nato nudo, …morirai di nuovo nudo.
Sei arrivato debole, …così debole te ne andrai di nuovo.
Sei venuto senza soldi e materiale, …andrai via senza soldi e materiale.
La tua prima doccia è stata qualcuno che ti ha lavato e vestito, …la tua ultima doccia la farai con qualcuno che ti laverà e ti vestirà.
Questo è l’essere umano.
Allora perché così tanto orgoglio, tanta cattiveria, tanta invidia, tanto odio, tanto rancore, tanto egoismo?
Abbiamo un tempo limitato sulla Terra, e lo sprechiamo per l’inutilità.
La Vita è un soffio veloce…»
Offrire a chi non se l’aspetta
Quelli appena riferiti sono pensieri, riflessioni e valori ai quali, assieme alla predilezione per il gusto del viaggio, rispetto a quello del raggiungimento della meta, ho cercato di dare sempre molta importanza, traendone un grande piacere in cambio. Come quello tratto dalla gioia di offrire qualcosa di me o di mio ai più bisognosi e vulnerabili, a cominciare dai portatori di handicap. Attraverso azioni di volontariato. Verso soprattutto chi non se lo aspetta, e nei confronti dei quali non ho alcun obbligo. Comprese quelle verso colleghi – come, ad esempio, l’amico generale Giuseppe Mango , o il colonnello Fabio Massimo Mendella (che conosco appena), e tanti altri servitori dello Stato, in uniforme o no, martoriati per anni dall’ingiustizia e dalla gogna mediatico-giudiziaria di Pulcinellopoli, prima di trovare un giudice a Berlino che li abbia assolti “per non aver commesso il fatto”. Ai quali ho dedicato il premio “Amico del consumatore 2023”, ricevuto dal Codacons. Oltre a tanti miei scritti di denuncia della malagiustizia, ed in supporto del Ministro della Giustizia Carlo Nordio e della sua volontà di radicale riforma, che possa evitare in futuro il ripetersi di troppi casi “Enzo Tortora, Pino Mango e Fabio Massimo Mendella”, cui il nostro Paese è da troppo tempo assuefatto.
Dono, ma non svendo, il mio tempo e le mie energie
Come ho annunciato nel mio Addio alle armi, nel lasciare il servizio attivo nella Guardia di Finanza (nel 2014), e nel mio Saluto di commiato dalla Commissione europea (nel 2018), riportati nei prossimi capitoli, la difesa delle mie due patrie è l’oggetto principale della terza parte della mia vita professionale. Che si collega al suo prologo. Quella del giornalismo, cui sono tornato a pieno titolo. E che accompagno al volontariato istituzionale. Attraverso la mia attività giornalistica indipendente, o anche con altri insigniti dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana (Omri), associati e no, ed altre associazioni, come l’Associazione Nazionale Finanzieri d’Italia (Anfi), ed il Rotary. Nello svolgimento, come precisato, di attività rivolte prevalentemente al servizio del prossimo. Alla condizione, però, che queste attività mi permettano sempre di tenere sempre fede ai miei valori. Perché quando queste attività, o associazioni, non soddisfano più i miei valori, non esito un attimo a prenderne le distanze. Ed è cosa già accaduta in un paio di casi. Nello spirito della libertà, soprattutto intellettuale, cui non saprei rinunciare.
Un saggio detto recita: “Il furbo cambia le carte in tavola. La persona intelligente non cambia le carte, cambia tavola”.
Senza alcuna velleità di particolare intelligenza, ho sempre cambiato tavola, senza alcuna esitazione, ogni volta che mi sono imbattuto in “furbi” giocatori delle tre carte.
Questa mia propensione deriva, principalmente, dalla mia allergia, che ho grande difficoltà a celare, verso i cosiddetti “furbi”.
Quando mi sono trovato, a livello professionale, nell’impossibilità di abbandonare la tavola, ho lasciato indelebili ricordi a tutti, giocatori e mazzieri, dei miei possenti starnuti allergici, che non sono mai stato in grado di trattenere. Per le ragioni cui farò cenno nel capitolo seguente.
Al di là dei cosiddetti “furbi”, ho anche spesso constatato quanto la difesa delle mie due Patrie risulti opera più complicata, e delicata, quando devo esercitarla dalle minacce che provengono dal loro stesso interno. Perché nulla è perfetto in Italia, come nulla è perfetto in Europa, e nel resto del mondo.
Spero, quindi, poter contare sull’intercessione di San Francesco di Sales (Patrono dei giornalisti) e di San Matteo (Patrono della Guardia di Finanza), affinché San Josémaria possa perdonarmi, quando, non potendo lodare, mi sentirò tuttavia costretto a fare qualche critica negativa. Ancorché sempre costruttiva.
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