Eurocomunicazione, 14 settembre 2025
Chi guiderà l’OLAF, l’Ufficio europeo per la lotta alla frode? Dopo l’esclusione del generale della Guardia di Finanza Gabriele Failla, Ursula von der Leyen a giorni sceglierà tra uno dei tre candidati rimasti in corsa. Logiche più politiche che tecniche dietro una scelta cruciale per l’Unione europea. Che nulla hanno a che fare con i casi di stalking alla Scuola delle Fiamme Gialle de l’Aquila.
La Commissione europea sceglierà nei prossimi giorni il nuovo direttore generale dell’Ufficio europeo per la lotta alla frode (OLAF). Nella terna finale– dopo l’esclusione di uno dei quattro selezionati esaminati dal Parlamento europeo e dal Consiglio – sono rimasti il ceco Petr Klement, lo slovacco Ladislav Hamran e la polacca Joanna Kreziminska-Vamvaka.
Se il generale Gabriele Failla non è nella terna dalla quale Ursula von der Leyen sceglierà il nuovo direttore generale dell’OLAF, le ragioni non hanno nulla a che vedere con la vicenda dello stalking a L’Aquila, bensì con giochi già scritti a Bruxelles, un’insufficiente mobilitazione italiana e, sembra legittimo ipotizzarlo, anche con la sua inflessibilità e professionalità da finanziere italiano. Qualcuno potrebbe aver forse potuto desiderare un OLAF non troppo intransigente, soprattutto dopo Qatargate, Huaweygate e i sospetti di attacchi ibridi alle istituzioni europee anche tramite l’uso strumentale di indagini sui fondi Ue.
La narrazione distorta sul caso della Scuola de l’Aquila
Tra le varie giustificazioni raccolte circa l’esclusione del finanziere – dopo quelle di essere estraneo alla “bolla” di Bruxelles, e che il governo italiano l’avesse sostenuto con troppa insistenza – è circolata persino una voce maliziosa e semplicistica. Quella che la sua esclusione fosse legata all’episodio di stalking che ha coinvolto due ufficiali della Scuola ispettori e sovrintendenti della Guardia di Finanza all’Aquila, della quale é comandante.
Ed è una sciocchezza assoluta. Non solo perché Failla non è mai stato sfiorato dalle indagini. Ma anche perché fu proprio lui a sostenere la denuncia delle allieve e ad avviare i provvedimenti del caso. Ridurre a questo la sua mancata nomina è una mistificazione utile a coprire ben altre logiche.
Giochi chiusi prima dell’audizione
La realtà, come chi scrive ha già avuto modo di segnalare su Formiche.net, è che i giochi erano chiusi ben prima della sua audizione pubblica. La maggioranza degli europarlamentari, e dei loro gruppi politici, era infatti da tempo a favore del ceco Petr Klement. Che é l’attuale vice della Procuratrice europea Laura Codruța Kövesi ed ex magistrato di lungo corso.
La Commissione Controllo dei bilanci del Parlamento europeo su questo candidato lavora infatti da tempo: Klement è sostenuto, oltre che da indubbia esperienza, anche da una rete compatta di relazioni e da equilibri politici trasversali. Subito dietro si attesta lo slovacco Ladislav Hamran, già presidente di Eurojust, con una carriera costruita nella cooperazione giudiziaria internazionale. Più defilata, nonostante possibili sorprese, la polacca Joanna Kreziminska-Vamvaka, funzionaria del Servizio europeo per l’azione esterna ed ex dirigente dell’OLAF, la cui esperienza investigativa non gode di grande credito tra i suoi ex colleghi.
Il “Sistema Italia” non ha retto la sfida
In un contesto del genere, il “Sistema Italia” non ha retto il confronto. I vertici di Farnesinae MEF hanno seguito la partita con grande impegno, nei confronti dei vertici istituzionali Ue. Dimenticandosi però – da quanto ci risulta– della necessità di una mobilitazione analoga presso gli europarlamentari. Che dovevano votare l’esclusione di uno solo dei quattro candidati. Oltre che presso la stampa.
Accendere un faro mediatico, come avvenuto nelle precedenti selezioni del capo dell’OLAF, avrebbe infatti potuto solo rafforzare la candidatura italiana. Spiegando ad esempio agli europarlamentari non italiani cosa sia la Guardia di finanza. Invece, in un rumoroso silenzio stampa, Failla è stato escluso a sorpresa dalla corsa finale, privando la Guardia di Finanza della possibilità – dopo quasi quattro decenni di sostegno esemplare nella tutela degli interessi finanziari Ue e nella lotta alla criminalità transfrontaliera ed alla corruzione anche internazionale – di vedere un suo ufficiale al vertice dell’Antifrode europea.
Troppa competenza per essere scelto?
C’è però una domanda maliziosa, ma forse decisiva da farsi: non è che Failla fosse troppo competente e inflessibile per un servizio già dotato di grande indipendenza investigativa? Un generale della Guardia di Finanza, con esperienza internazionale (anche a Europol), abituato al comando di migliaia di uomini e donne, e vincolato al giuramento di osservanza della Costituzione e delle leggi, comprese quelle Ue, non sarebbe stato forse un direttore troppo poco malleabile?
Si può comprendere – anche se difficilmente accettare – che con istituzioni Ue scosse dal Qatargate e da altri scandali che hanno toccato gli stessi europarlamentari, non tutti avessero un grande interesse ad affidare l’OLAF a una figura professionale dotata di un proilo militare, e capace di imporre disciplina e rigore senza guardare in faccia nessuno.
Una carriera di rigore e sobrietà
La carriera del Finanziere parla da sé: investigatore, dirigente, comandante di strutture complesse e di risorse significative. Non il profilo di chi potrebbe prestarsi a compromessi, ma di chi esercita la funzione di indagine con rigore e professionalità, e l’esperienza di no dei migliori servizi di polizia economico-finanziaria d’Europa e del mondo. Esattamente ciò che rendeva la sua candidatura preziosa per l’Ue, anche se, forse, non gradita a tutti.
La verità oltre gli alibi
Attribuire l’esclusione del Generale Failla ad un presunto episodio interno alla Scuola sottufficiali (per quanto ci risulti che gli articoli italiani siano stati fatti circolare ad arte, e ad orologeria, nei corridoi di Bruxelles) è un comodo alibi. La verità è che Failla ha pagato il prezzo di essere forse il migliore, in un contesto che non sempre premia i migliori.
La sua inclusione nella terna avrebbe potuto rendere molto probabile la sua scelta da parte di Ursula von der Leyen. In quanto le sue competenze nelle sfide ibride, economico-finanziarie e cyber sarebbero state un sicuro valore aggiunto per la Commissione europea, in un periodo di crescente instabilità geopolitica e di guerra ibrida che minaccia l’Europa.
Una lezione per l’Italia e l’Europa
Resta però un fatto: l’Italia, grazie all’impegno dei suoi vertici, è riuscita a portare un suo candidato fino alla shortlist di quattro. E Failla ha dimostrato che si può affrontare una sconfitta senza rinunciare alla dignità. Una lezione che nei corridoi delle istituzioni Ue e nazionali dovrebbe stimolare una riflessione, invece di nascondersi dietro narrazioni fuorvianti che rischiano di essere la classica “pezza a colori”.
Chi sono i tre candidati rimasti in corsa
Petr Klement (Repubblica Ceca)
Vice della Procuratrice europea Laura Codruța Kövesi presso l’EPPO. Magistrato con lunga esperienza nella cooperazione giudiziaria internazionale. Considerato il favorito, sostenuto da tempo dal Parlamento europeo.
Ladislav Hamran (Slovacchia)
Ex presidente di Eurojust. Magistrato di spicco nella cooperazione giudiziaria europea. Figura autorevole, gode di sostegni soprattutto nell’Europa orientale.
Joanna Kreziminska-Vamvaka (Polonia)
Funzionaria del Servizio europeo per l’azione esterna (EEAS). Già dirigente dell’OLAF, ma con reputazione investigativa discussa tra i suoi ex colleghi. Le sue chance appaiono ridotte.