Alessandro Butticé

Dulcis in fundo, eroi d’Italia

6 Aprile, 2023

Ho già ricordato che un mio compagno di bisbocce liceali ama dividere gli italiani in: “un terzo di delinquenti, un terzo di ignavi e un terzo di eroi.

Non penso, come già detto, che la maggior parte degli altri paesi del mondo abbiano un numero così elevato di eroi. Ma probabilmente neppure due terzi di ignavi e delinquenti.

Ma tra i tanti eroi di cui il nostro contraddittorio – più di altri – Paese dispone, non vi sono solo il Brigadiere dei Carabinieri Salvo D’Acquisto o il Maresciallo della Guardia di Finanza Vincenzo Giudice, trucidati dalla barbarie nazi-fascista, dopo aver offerto la propria vita in cambio di quella di civili inermi. E neppure i tanti martiri della lotta al terrorismo ed alla Mafia. Alcuni dei quali, non quelli autoproclamati, e di cartone, li abbiamo citati nelle pagine precedenti. Vi sono milioni di eroi silenziosi, spesso invisibili. Eroi della normalità che, di fronte agli altri due terzi svettano per impegno umano e generosità.

E voglio concludere questi miei pensieri in libertà, da un patriota italiano-europeo, rendendo onore ad alcuni di essi. Dei quali si parla poco nelle cronache quotidiane. Perché è noto che fa sempre più rumore un albero che cade, rispetto all’immensa foresta che cresce.

E da questa silenziosa foresta che cresce, ho deciso di prendere tre esempi che mi stanno molto a cuore. Perché ognuno di essi ha colpito il mio cuore italiano-europeo.

Quelli di Eliana Tagliente, Giorgio Novello, e delle volontarie e dei volontari dell’Operazione Mato Grosso.

Eliana Tagliente e Giorgio Novello

Eliana Tagliente e Giorgio Novello sono due sicuri esempi per me. E dovrebbero esserlo per molti. Un esempio di silenzioso eroismo quotidiano.

Eliana è una grande mamma, una grande moglie, una grande professionista: avvocato impegnata in mille attività. È stata insignita, dal Presidente della Repubblica, della croce di Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Tra le sue numerosissime attività, svolge anche la funzione di Delegata per le pari opportunità (che non sono solo di genere, come spesso, da donna forte e coraggiosa tiene a precisare) dell’Associazione nazionale degli insigniti Omri (Ordine al merito della Repubblica Italiana).

Giorgio Novello, oltre a marito e padre esemplare, è il brillante Ambasciatore d’Italia nei Paesi Bassi, commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, marito.

Il sorriso ottimista e l’attivismo di Eliana e Giorgio sono contagiosi. Sempre.

E lo sarebbero anche se non si sapesse che sia Eliana che Giorgio sono affetti da anni da sclerosi multipla. E sono costretti a muoversi da tempo con stampelle e sedie a rotelle.

Provare per credere!

L’Italia è un grande Paese da tanti punti di vista, anche per la disabilità, e per il fatto di avere un Ministro della Repubblica chiamato a trattare specificamente questi temi. Italia e Paesi Bassi sono all’avanguardia e possono guardarsi negli occhi e procedere ad un importante scambio di esperienza nel settore”, ha dichiarato recentemente l’Ambasciatore Novello. Ed è questo un fatto che, tra tante le contraddizioni italiane, e le difficoltà che cittadini come Eliana e Giorgio, spesso per l’ottusità, se non proprio per l’ignavia, di qualche burocrate, devono ancora affrontare, ci deve fare sperare. Ed essere orgogliosi, nonostante tutto e tutti, di essere italiani. Ma anche europei. Perché non possiamo dimenticare le grandi politiche europee a tutela dei diversamente abili. Solo per fare un esempio, voglio ricordare il diritto, offerto dalla regolamentazione Ue, ai viaggiatori a mobilità ridotta di viaggiare in aereo, treno, autobus, pullman o nave come chiunque altro.

Perché in tutti i mezzi di trasporto della Ue, i vettori hanno l’obbligo di fornire assistenza gratuita presso i terminal o le stazioni e a bordo. Il trasporto non può essere mai rifiutato a causa della disabilità o della mobilità ridotta dei passeggeri, compresi gli anziani, se non per giustificati motivi dovuti a ragioni di sicurezza o di progettazione del veicolo o dell’infrastruttura.

Tra i tanti insegnamenti che Eliana e Giorgio mi danno, vi è la conferma di quanto scritto da Schopenhauer.

Secondo il filosofo tedesco, che nei libri del liceo ricordo catalogato, a mio avviso ingiustamente, quale “pessimista”, una vera felicità è irraggiungibile, perché le gioie e i piaceri sono sempre illusori ed effimeri, mentre il dolore è reale e presente, e la vita umana oscilla tra sofferenza e noia.

Chi cerca attivamente la felicità andrà inevitabilmente incontro a delusioni e frustrazioni.

Secondo lui, bisogna invece moderare le proprie pretese, rinunciare ai piaceri per evitare i dolori, e tutto ciò a cui si può aspirare è uno stato poco doloroso.

Eliana e Giorgio sono la testimonianza vivente, ma anche eroica, che alle sempre incombenti sofferenze e prove della vita nessuno può sfuggire.

Ma dipende solo da ognuno di noi saper “moderare le proprie pretese”, riuscire sempre a vedere ed apprezzare anche la parte mezza piena del bicchiere della nostra vita, smettendo di piangerci addosso e piagnucolare contro il mondo che ci circonda, per ogni inevitabile contrarietà, ed approfittare di uno stato “poco doloroso” col sorriso contagioso di Eliana e Giorgio.

Il sorriso dei lottatori vincenti. Come Eliana e Giorgio. Autentici lottatori vincenti. Che mi sento in dovere di ringraziare. Per l’esempio di felicità “umana” che hanno saputo e sanno continuare a darmi.

Operazione Mato Grosso (OMG).

Ho scoperto questo movimento spontaneo nato nel 1967, dal cuore e dalla fantasia di padre Ugo De Censi, salesiano, che educa i giovani attraverso il lavoro gratuito a favore dei più poveri dell’America Latina, nella seconda metà degli Anni Ottanta. Quando ero responsabile della rivista ufficiale della Guardia di Finanza (“Il Finanziere”). E me lo fece scoprire un finanziere, l’allora Appuntato Salvatore Scino.

Salvatore Scino era un finanziere considerato in modo particolare. Alcuni lo ritenevano legato ad ambienti dei cosiddetti “finanzieri democratici”. Che nelle vecchie gerarchie del tempo provocavano qualche preoccupazione. Mentre a me, invece, suscitava una curiosità semantica. Chiedendomi perché tutti gli altri finanzieri, che pure avevano giurato fedeltà alla Repubblica Italiana, ed osservanza alla Costituzione, non dovessero considerarsi altrettanto “democratici”.

Compresi subito il cuore nobile e le grandissime doti umane di quest’uomo. Oltre che di Finanziere con la effe maiuscola. E rimasi particolarmente ammirato dalla sua dedizione alla nobile causa dell’OMG. Che lo portava a sacrificare parte del suo, non certo lauto, stipendio, e tutto il suo tempo libero, a cominciare dalle sue ferie, per la causa dei più poveri tra i poveri. Nei lontani altipiani andini.

Mi accorsi presto di non essere il solo, presso il Comando Generale della Guardia di Finanza, a restare ammirato da Salvatore, oggi Maresciallo Capo in congedo e, suo tramite, dalle figure carismatiche – alcune in aura di santità – che lo circondavano. E che, grazie a lui, tanti finanzieri hanno potuto conoscere, e poi sostenere. In una gara di generosità che ha coinvolto, e continua a coinvolgere, tantissimi appartenenti alla Guardia di Finanza. Tra i primi e più convinti sostenitori dell’operazione, ricordo ad esempio l’allora Comandante Generale, Luigi Ramponi, ed il generale Nicolò Pollari.

Grazie a Salvatore, che nel tempo è diventato un amico, ho scoperto l’esistenza di giovani, meno rumorosi di quelli che siamo abituati a vedere dalle cronache e sui social, che, attraverso un’opera silenziosa, iniziano un cammino che li porta a scoprire e a vivere alcuni valori fondamentali per la loro vita. La fatica fisica, il “dare via gratis”, la coerenza tra le parole e la vita, lo spirito di gruppo, il rispetto e la collaborazione verso gli altri, la sensibilità e l’attenzione ai problemi dei più poveri, la ricerca del senso della vita, l’imparare a voler bene alle persone.

Assieme a Salvatore Scino, determinato e tenace come un figlio di Calabria, tantissimi volontari si sono recati e si recano ogni anno in missione, e intraprendono attività a favore della gente povera e abbandonata delle regioni andine. In Perù, Ecuador, Brasile, Bolivia.

Salvatore mi ha pregato di non citarlo, ma di scrivere solo di Padre Ugo De Censi, del Vescovo Giorgio Barbetta e di Don Armando Zappa – che, dopo la morte di Padre Ugo, ne hanno raccolto l’eredità del vivere tra i più poveri dei poveri -, e della martire dell’Operazione, Nadia De Munari. So di contravvenire al suo desiderio, ma non posso non parlare di lui. Perché devo a lui il merito di avermi fatto conoscere, con il suo esempio e la sua testimonianza di fatti concreti, e non solo di parole, l’Operazione Mato Grosso.

Mi piace in proposito ricordare, trascrivendola, la sua emozione raccontatami in un messaggio col quale mi ha dato notizia della sua partecipazione all’udienza con Papa Francesco:

Buongiorno carissimo Alessandro, il 6.5.21 il Santo Padre ci ha ricevuto come rappresentanza dell’Operazione Mato Grosso. È stata una   importantissima e bellissima carezza all’Operazione Mato Grosso, che abbiamo ricevuto in Vaticano dal Santo Padre Francesco, dai cardinali Parolin e Bassetti, dopo la drammatica aggressione e la morte della nostra volontaria Nadia De Munari, avvenuta il 21 aprile scorso nella missione di nuova Chimbote in Perù. Eravamo: Mons. Giorgio Barbetta (vescovo ausiliario di Huari, Perù) Padre Armando Zappa (parroco della baraccopoli di Nuova Chimbote (Perù), rientrati per qualche giorno al seguito della salma di Nadia; Padre Lele Lanfranchi, Padre Lorenzo Salinetti, Don Marco Gasparri, Massimo Casa ed io. Non sapevamo bene cosa ci attendesse e abbiamo ricevuto piena condivisione nel dolore di questo dramma, affetto e la benedizione di Papa Francesco. Meravigliose carezze che danno forza a tutto il nostro movimento a proseguire nel difficile lavoro con i poveri. Siamo usciti da questi incontri pieni di una grande ed indescrivibile commozione e riconoscenti. Ciao, Salvatore”.

Nadia De Munari è la volontaria laica uccisa a 50 anni il 24 aprile 2021, nel poverissimo quartiere di Nuevo Chimbote in Perù, dove era presente da 30 anni con gli operatori dell’Operazione Mato Grosso.

Originaria di Giovenale, una frazione di Schio, nella provincia di Vicenza, Nadia ha dedicato oltre metà della sua vita ai poveri e ai bambini della regione affacciata sulla costa peruviana sul Pacifico, qualche centinaio di chilometri a Nord di Lima.

È stata aggredita di notte, mentre dormiva presso la casa “Mamma mia”, da qualcuno che ha cercato di strangolarla e poi l’ha colpita mortalmente con un machete. Per rubarle solo qualche spicciolo e altri miserabili oggetti.

Soccorsa dagli altri volontari, Nadia è poi morta nell’ospedale di Nuevo Chimbote, una città di mezzo milione di abitanti, in buona parte migranti dalla Sierra che vivono in una delle baraccopoli più pericolosa delle Ande.

Padre Armando Zappa ha raccolto Nadia morente, la mattina di quel terribile mercoledì nel centro educativo “Mamma Mia”, ed ha corso in auto per più di cinque ore per portarla il prima possibile all’ospedale di Lima, dove i medici hanno cercato inutilmente di salvarla. Ha poi accompagnato il feretro di Nadia in Italia.

Originario di San Miniato (Pisa), don Armando è stato ordinato prete a 61 anni in Perù. La sua vocazione ha avuto un percorso singolare nell’ambito dell’Operazione Mato Grosso. Sposato con Marta, ha condiviso con lei per vent’anni la vita missionaria in Bolivia e Perù. Il 3 dicembre 2016, dopo la morte della moglie e con il consenso della figlia ormai adulta, è stato consacrato sacerdote nella chiesa dei Salesiani a Lima.

Ora vive all’interno di una baraccopoli, senza fogne e acqua, nella zona desertica di Chimbote, dove trova rifugio tanta povera gente sradicata dalla propria terra, proveniente dalla sierra e dalla foresta amazzonica. Nella baraccopoli padre Armando sta costruendo un Centro: scuole, asili, chiesa, mensa e altro ancora. Gli asili sono già operativi e i bambini possono ricevere un’educazione in un ambiente sereno. La mensa al momento fornisce 1.500 pasti al giorno! Resta però tanto da fare e don Armando ha bisogno dell’aiuto di tutti.

Monsignore Giorgio Barbetta, invece, è il vescovo della Diocesi di Huari, sempre in Perù. Nativo di Polaggia di Berbennio, nella provincia di Sondrio, ha fatto parte sin da ragazzo dell’OMG.

Sono tanti coloro che, in silenzio, ed appartenenti ad ogni schieramento politico, offrono il proprio aiuto all’Operazione. Perché la generosità, al pari dell’eroismo di quel terzo di italiani di cui ho parlato, non conosce frontiere o etichette politiche, filosofiche, religiose, di genere o altro.

Avendo avuto il privilegio di leggere anche una corrispondenza, ad esempio, tra padre Ugo Censi e l’allora Ministro degli Affari Esteri del Governo Berlusconi, Francesco Frattini.

Non ha frontiere, né etichette politiche o ideologiche, quel terzo di eroi – di cui ho parlato nel capitolo 29, sui vigliacchi d’Italia, riportando un articolo scritto poco più di un mese prima dell’uccisione di Nadia. Come non le hanno coloro che si considerano Patrioti italiani ed europei come me, e che amano il proprio Paese. Con lo stesso amore che hanno per l’Europa unita, perché diversamente sarebbe una contraddizione in termini. Indipendentemente dalle loro diverse simpatie politiche, o dalla loro fede, religiosa o filosofica che sia.

Grazie all’esempio di Salvatore, ho quindi deciso di dedicare la metà dei proventi derivanti dalla vendita di questo libro alle opere per le quali Nadia ha dedicato, ed alla fine sacrificato, la vita.

L’altra metà andrà invece ad un’altra forma di eroismo civile. Quello dell’impegno del neocostituito “Sportello Anti-Stalking” del Codacons, la principale associazione italiana a tutela dei consumatori. L’impegno di giovani avvocati che si mettono a disposizione di donne vittima di odiose forme di violenza psicologica, che spesso si trasforma in tragedia, è una forma di silenzioso, e poco spettacolare eroismo, che trovo doveroso sostenere.

Sono pertanto felice di dedicare i proventi che i lettori di questo libro hanno contribuito a realizzare, in onore di questi rappresentanti silenziosi del terzo eroico del nostro Paese, che il Maresciallo Capo Salvatore Scino mi ha fatto scoprire quattro decenni fa, e che il Presidente del Codacons Carlo Rienzi mi ha fatto conoscere solo di recente.

Se anche solo qualche pagina di questo libro avesse soddisfatto il lettore che ha avuto il coraggio ed il merito di averlo acquistato, non sarà solo motivo di soddisfazione personale per l’autore. Sarà anche, e soprattutto, un riconoscimento a quel terzo eroico di italiani ai quali, dulcis in fundo, ho voluto rendere omaggio, a conclusione di questi miei “pensieri in libertà di un Patriota italiano ed europeo”.

Che non finiscono comunque qui.