“Oggi ho vissuto un’emozione unica. Una giornata che porterò per sempre nel mio cuore. Grazie alle donne e agli uomini dell’Aeronautica Militare, il loro lavoro è motivo d’orgoglio in Italia e all’estero. Un pensiero a chi è caduto onorando l’uniforme”. A scriverlo, il 28 marzo, in occasione del centenario della costituzione dell’Aeronautica Militare, sulla propria pagina Facebook, a corredo di una sua foto con bustina dell’Arma Azzurra ed i gradi da Tenente, è il Vicepresidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Antonio Tajani.
Prima di scrivere qualcosa sulle mie esperienze personali con il Vicepremier e Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, e del suo profondo rispetto per i servitori delle istituzioni, italiane ed europee, in uniforme, mi ero proposto di attendere qualche mese. Il tempo di consentire agli italiani, in uniforme e no, di verificarne la sua azione e le sue capacità di governo. Dopo che chi scrive ha avuto l’onore di vederlo con i propri occhi all’opera in Europa e nel mondo, dove, a differenza dell’Italia – nemo propheta in Patria – gode da molti anni incondizionato rispetto e stima per la sua opera di uomo delle istituzioni. Opera per decenni fuori dai riflettori italiani, e silenziosa quanto infaticabile. Sempre accompagnata da grande integrità personale e grandissima dedizione alle sue due Patrie. L’Italia e l’Europa. Qualità che fanno di lui un grande patriota italiano ed europeo. Oltre che un autentico servitore delle Istituzioni. Italiane ed Europee.
Le ragioni della mia gratitudine ad Antonio Tajani
Ora che i sondaggi lo indicano come uno dei ministri del Governo Meloni tra i più apprezzati dai cittadini, non rischio più che le mie parole possano essere considerate di parte. Per il fatto di non avere mai nascosto, oltre che la mia stima, anche la mia profonda gratitudine personale ad Antonio Tajani. Perché mi ha permesso di mettere fine al momento meno gratificante della mia lunga carriera di prima Fiamma Gialla presso le Istituzioni Ue. Quando, nel 2012, mi offrì la possibilità di unirmi alla sua squadra, quale responsabile della sicurezza e dell’antifrode, prima, e di capo dell’Unità comunicazione poi, della Direzione Generale dell’Industria e delle Imprese (DGENTR, poi DGGROW) della Commissione europea, della quale era politicamente responsabile. Quale Commissario e Vicepresidente dell’esecutivo Ue.
Dopo essere stato tra i pionieri dei servizi antifrode della Commissione europea, dal 1990, ed aver collaborato – con grande e reciproca soddisfazione e sintonia d’intenti – con ben tre direttori generali, tutti di grande valore, dell’Uclaf e poi dell’Olaf (l’ Ufficio europeo per la lotta alla frode), succedutisi in vent’anni – un belga, Emile Mennens, un danese, Per Brix Knudsen, ed un tedesco, Franz-Herman Brüner – l’arrivo di un direttore generale italiano, già noto per la propria scarsa simpatia per la Guardia di Finanza, mi aveva fatto comprendere, tanto rapidamente quanto brutalmente, che era ora di chiudere al più presto un’esperienza fino ad allora entusiasmante.
E assieme a me lo fece capire anche al mio braccio destro dell’epoca. “Colpevole”, ai suoi occhi, di essere stato reclutato all’Olaf da me. E di provenire lui stesso dalla Guardia di Finanza. Con l’aggravante che, come me, non aveva alcuna intenzione di abiurare al nostro essere Finanzieri con la effe maiuscola. E tanto meno di rinnegare la nostra imperdonabile (per lui) “colpa” di essere stati leali collaboratori della precedente governance dell’Olaf. Fatta di due ferventi estimatori delle Fiamme Gialle. Il compianto magistrato bavarese Franz Herman-Brüner (che era stato il PM del processo al leader della DDR Erich Honecker) ed il magistrato francese Thierry Cretin (che era stato invece il PM che chiese ed ottenne la condanna, per corruzione, dell’ex sindaco di Lione, Michel Noir, mettendo fine alla sua corsa alla presidenza della Repubblica). Thierry Cretin, è oggi membro del Comitato di Vigilanza di quell’Olaf che, qualche mese prima di me, fu costretto ad abbandonare per le stesse ragioni.
La mia gratitudine per il generale Pietro Calabrese
L’Esperto pro tempore della Guardia di Finanza presso la Rappresentanza Permanente d’Italia presso l’Ue dell’epoca – il generale Pietro Calabrese – svolse egregiamente la sua funzione di rappresentante ufficiale del Corpo presso le Istituzioni Ue. Senza alcun interesse personale diretto (cosa non sempre ovvia) ma unicamente istituzionale. E mi mise in contatto diretto col Presidente Tajani, del quale nutriva già stima e fiducia personale, dopo averlo informato della situazione incresciosa che si era creata all’Olaf. La stessa cosa feci io, successivamente, col mio vecchio vice, il Generale Alessio Nardi. Prima lo aiutai ad uscire, dopo di me, dall’Olaf, verso la DG TAXUD (Unione Doganale e Fiscalità). Ed in un secondo momento, quando Antonio Tajani, lasciata la Commissione europea, divenne prima Vicepresidente, e poi Presidente del Parlamento europeo, glielo proposi quale responsabile della Sicurezza. Proposta che, in virtù della fiducia che avevo conquistato, accettò.
Gli anni alla DG ENTR (GROW)
Gli anni trascorsi intensamente alla DG ENTR (Industria, Impresa e PMI), divenuta poi GROW (Mercato Interno, Industria ed Imprese), alle dipendenze del Presidente Tajani e dell’attuale Direttore generale del Servizio Giuridico della Commissione europea, Daniel Calleja, sono stati tra i più belli della mia carriera. Consentendomi di fare conoscere, e quindi amare, la Guardia di Finanza all’attuale Vicepremier e Ministro degli Esteri. Come avevo già fatto con i vertici dei servizi antifrode nei due decenni precedenti.
L’occasione iniziale fu la campagna di comunicazione della Commissione europea contro la contraffazione dei prodotti industriali, fortemente voluta da Tajani, della quale mi venne affidata la responsabilità. Assieme ad Antonio Tajani, mettemmo sempre in prima fila le Fiamme Gialle. Quali efficace esempio di professionalità italiana, in Europa e nel mondo, nella lotta a tale pericolosissimo fenomeno criminale, che attenta, oltre che l’economia, anche la sicurezza e la salute di oltre mezzo miliardo di cittadini europei.
La prima visita al Comando Generale della Guardia di Finanza
Nel 2013, lo accompagnai alla sua prima visita al Comando Generale del Corpo, della quale fui promotore e organizzatore.
Fummo ricevuti dai Comandante Generale, Comandante in Seconda e Capo di Stato Maggiore pro-tempore, rispettivamente, generali Saverio Capolupo, Daniele Caprino e Luciano Carta, oltre che dai miei colleghi d’Accademia, Generali Sebastiano Galdino e Giancarlo Pezzuto.
Tale visita venne qualche tempo dopo ricambiata, al Parlamento europeo, da quelle dei Comandanti Generali pro-tempore, nell’ordine, Giorgio Toschi, e Giuseppe Zafarana. Antonio Tajani, nel frattempo nominato Socio Benemerito della Sezione di Bruxelles-Unione europea dell’Associazione Nazionale Finanzieri d’Italia (Anfi) – che ama spesso definire pubblicamente “uno dei migliori esempi di Sistema-Italia a Bruxelles” – non ha mai perso un’occasione per presentare i vertici del Corpo alle sedute del Parlamento europeo dove si sia parlato di lotta alla criminalità transfrontaliera. Qualificando la Guardia di Finanza come uno dei migliori esempi dell’Italia e dell’Europa della legalità contro l’internazionale del crimine.
Soldato tra i soldati, Fiamma Gialla tra le Fiamme Gialle
Dopo essersi affidato a chi scrive, quale ufficiale della Guardia di Finanza in congedo, per dirigere la sicurezza e l’antifrode, e poi la comunicazione, della Direzione Generale di cui era responsabile alla Commissione europea (che all’epoca comprendeva anche l’industria spaziale e della difesa), e poi di un altro ufficiale, sempre in congedo, al Parlamento europeo, quale responsabile della sicurezza, ha sempre voluto che la propria sicurezza personale in Italia fosse garantita dai Baschi Verdi delle Fiamme Gialle. Baschi verdi che continuano ad assicurarne la scorta nelle sue attuali funzioni di governo, a Palazzo Chigi ed alla Farnesina.
Ma Antonio Tajani, nonostante il suo mai celato amore e la sua profonda stima per le Fiamme Gialle, confermati dalla nomina come proprio consigliere a Palazzo Chigi per i rapporti istituzionali e la sicurezza, con particolare riferimento ai profili economico-finanziari, dell’ex Comandante Generale delle Fiamme Gialle, Giorgio Toschi, e di Consigliere alla Farnesina di un altro finanziere in congedo, il Generale Alessio Nardi, non può essere accusato di partigianeria. Innanzitutto, perché è figlio di un Ufficiale dell’Esercito italiano – per seguire il quale è cresciuto, in Italia e all’estero, in caserme dell’Esercito e della Nato – e lui stesso è Ufficiale in congedo dell’Aeronautica Militare. Come richiamato in esordio e nel suo post Facebook. Ma soprattutto perché il suo attaccamento alle Istituzioni, ed il profondo rispetto per i loro servitori, a cominciare da quelli in uniforme, con le stellette o meno, non gli fa mai perdere un’occasione per dimostrare la profonda gratitudine, sua e del Governo, a tutte le Forze Armate e di Polizia italiane. Sottolineandone sempre l’opera, il più delle volte silenziosa, svolta diuturnamente al servizio del Paese e dei cittadini. Oltre ad avere scelto quale Capo di Gabinetto a Palazzo Chigi un Dirigente Generale della Polizia di Stato, Sandro Menichelli, una delle più recenti testimonianze, in ordine temporale, è stata data in occasione della Giornata del Ricordo. In particolare, dalle parole pronunciate alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e delle più alte cariche dello Stato, nel discorso fatto in rappresentanza del Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, impegnata al vertice europeo di Bruxelles. In particolare, quelle rivolte alla memoria dei 350 finanzieri infoibati, assieme anche a tanti Carabinieri e Poliziotti, oltre ai tantissimi altri italiani, vittime di una tragica e vergognosa pagina della storia italiana ed europea.
Per questo e tante altre cose va la gratitudine di chi scrive, quale cittadino e quale militare, ad Antonio Tajani. Certo di interpretare anche il sentimento di tutti i servitori dello Stato e delle Istituzioni Ue che lo hanno conosciuto, a Bruxelles come in Italia, e di quelle che, oggi, assistono alla sua decisa azione di governo e di rappresentanza dell’Italia nel mondo. Durante il periodo certamente più delicato della storia mondiale del Secondo Dopoguerra.
Alla gratitudine, si unisce il sentimento di più grande solidarietà e vicinanza per le odiose e vili minacce terroristiche subite. Minacce che, come ben sa chi lo conosce bene, non potranno avere alcun effetto intimidatorio o che possa limitare in qualche modo la sua inarrestabile determinazione a servire al meglio, sempre e comunque, l’interesse degli italiani. In Italia e nel mondo.
Tajani alla guida di FI: per l’Italia e l’Europa
15 luglio 2023
Antonio Tajani è il nuovo segretario nazionale “pro tempore” di Forza Italia. Così ha deciso il Consiglio nazionale del partito, che lo ha eletto all’unanimità il 15 luglio.
Sarà il leader di FI fino alla convocazione del prossimo Congresso. «Non è facile guidare un movimento politico che ha avuto come leader per quasi 30 anni Silvio Berlusconi. Io posso garantire soltanto il mio impegno, determinazione, volontà di trasformare tutti i suoi sogni in realtà. Per farlo avrò bisogno di tutti quanti voi, di tutta la nostra classe dirigente, eletti, simpatizzanti, militanti».
A Roma, nell’hotel Parco dei Principi, il Consiglio nazionale di Forza Italia, è stato il primo dalla morte di Silvio Berlusconi, un mese fa. E ha aperto una nuova era. Non solo per il partito fondato da Silvio Berlusconi ma, anche, per l’Italia e per l’Europa.
Un periodo che non sarà certo facile per lui. Che si trova da ora la piena e ufficiale responsabilità di un partito che vuole essere molto unito, ma che è anche fatto di diverse personalità. Che continueranno a mettere a dura prova il grande equilibrio e buon senso di Tajani, uniti alla sua determinazione forgiata da forza tranquilla. Una grande responsabilità che si aggiunge a quelle di primo vicepremier, ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, e di vicepresidente del PPE. In un’Europa post–pandemica, in pieno Pnrr, sulla quale soffiano da tempo venti di guerra e ormai alla vigilia delle elezioni europee del 2024.
Un commento personale, da giornalista libero e indipendente
Non ho titoli, né la competenza, per aggiungermi ai tanti commentatori politici. Sento però il desiderio di fare un mio commento personale. Da giornalista libero e indipendente. Grazie al privilegio di non dovere vivere di quello che scrivo sui media. E nemmeno dei like che ricevo ai miei post. Su temi, spesso, anche molto delicati e controversi. Che pochi altri si prendono la pena di toccare.
Quali la difesa, senza linguaggio da curva da stadio, dell’Italia in Europa e dell’Europa in Italia.
Ma anche il giustizialismo mediatico, e non solo, post Tangentopoli. Lo stesso che ha rovinato, per anni, anche la vita e la carriera di tanti servitori dello Stato. Come (last but not least) il Generale di Corpo d’Armata Pino Mango e il Colonnello Fabio Massimo Mendella, entrambi della Guardia di Finanza, e sui quali tornerò presto.
Fino all’assordante silenzio sulla gestione di Adm da parte di Marcello Minenna, prima del suo arresto su ordine della Procura di Forlì, poi non convalidato dal Tribunale della Libertà di Bologna, e la solita orda di caduti dal pero e sciacalli mediatici, capaci di avventarsi solo su leoni feriti. Non certo su quelli in piena forma.
Perché Tajani segretario nazionale di FI è un bene per l’Italia e per l’Europa
L’elezione di Antonio Tajani a segretario nazionale del suo partito è un’ottima notizia. Per l’Italia e per l’Europa. Perché, come detto da Manfred Weber, il presidente tedesco del PPE, principale partito europeo: “Non posso pensare a una scelta migliore per guidare Forza Italia mentre si apre un nuovo capitolo della storia del partito. Hai il nostro pieno sostegno. Forza Italia, Forza Europa!”.
Chi ha avuto modo di conoscerlo collaborando con lui sul campo (da ufficiale della Guardia di Finanza e dirigente Ue, e quindi da tecnico laico, servitore delle istituzioni, e mai uomo di parte), non può non riconoscere, come me, le sue qualità umane e istituzionali. Il suo valore, la sua serietà, la sua onestà (soprattutto intellettuale) ma anche le sue grandi capacità di Politico con la “P” maiuscola: concreto e con i piedi sempre per terra. A livello europeo e internazionale. Oltre che di autentico uomo delle Istituzioni.
Tajani è senza ombra di dubbio uno degli italiani più rispettati al Mondo, in questo particolare momento storico, assieme a Mario Draghi.
Le doti
Anche se nemo propheta in patria, dopo aver dimostrato agli italiani (lo dicono i sondaggi che lo definiscono il ministro più amato) di essere un grande vicepremier e ministro degli Esteri, ora avrà l’opportunità di dimostrare anche coloro che confondono la mitezza e l’umiltà dell’uomo del fare, più che del dire e del promettere, la sua stoffa di grande leader politico nazionale. La cui lealtà (diversa dalla “fedeltà”, che hanno i cani per i propri padroni) e riconoscenza, che solo i grandi uomini sanno dimostrare, nel tempo e nei fatti, che continua a dimostrare al suo padre politico, Silvio Berlusconi, dopo averla dimostrata al suo padre giornalistico, Indro Montanelli, non passerà inosservata alle tante persone per bene. Che fanno parte di quel terzo di eroi degli italiani di cui parlo nel mio libro, rubando la formula della composizione nazionale al mio compagno di liceo, il chirurgo vascolare Giulio Andolfato. Anche se meno rumorosi degli altri due terzi: fatti prevalentemente di delinquenti e di ignavi.
Persone per bene, quel terzo di eroi, di destra, sinistra e di centro, che contano su politici come Tajani per avere una qualche speranza nel futuro dell’Italia e dell’Europa. Storditi dalle troppe urla da stadio, dagli inguardabili talk televisivi, e dalle promesse irrealizzabili, su social e quant’altro, cui gli italiani sono ormai da troppo tempo assuefatti.
Non esiterò a scusarmi con i lettori se la mia previsione risulterà errata
Ho la certezza (e se non dovesse essere così, non esiterei ad approfittare del privilegio della mia indipendenza e libertà, intellettuale e materiale, per scriverlo e scusarmi con i miei lettori) che Antonio Tajani saprà continuare a parlare, come ha fatto sinora, soprattutto al cervello e al cuore degli italiani, e degli europei.
E i tanti italiani che hanno ancora cuore e cervello, anche se non dovessero far parte del terzo di eroi, saprebbero ascoltarlo. Perché il cervello, se non il cuore, li aiuterà a comprendere che è nel loro interesse. E solo chi ha cervello può comprendere che stiamo vivendo il periodo più critico dell’Italia, dell’Europa e del Mondo, del secondo dopoguerra.
Un periodo nel quale, avremmo tanto bisogno, in tutti gli schieramenti, di politici seri, competenti onesti e dalla determinazione tranquilla di Antonio Tajani. Al quale non possiamo che augurare i nostri auguri di buon lavoro.
Che sono anche auguri di ogni bene per l’Italia e l’Europa.