Alessandro Butticé

Non sono calabrese, ma vi spiego perché mi piacerebbe esserlo

1 Ottobre, 2022

Calabria Rotary, ottobre-dicembre 2022

Non sono calabrese, ma anche se sono nato in Alto Adige e cresciuto in Friuli ho sangue di due ragioni limitrofe alla punta dello Stivale. Da parte di mio padre, il mio sangue è siciliano. Da parte di una mia bisnonna materna è campano.

Non sono calabrese, ma ho iniziato la mia carriera nella Guardia di Finanza, nel lontano 1983, comandando la Tenenza di Sapri. La cui circoscrizione di servizio era vicina alla Calabria. Separata solo da un breve tratto di costa lucana. I miei collaboratori, in gran parte, erano finanzieri calabresi. Non più giovanissimi. Pronti al balzo finale, dopo la pensione o un agognato trasferimento, verso la loro regione di origine.

Non sono calabrese, ma mi piacerebbe esserlo.

Non solo perché dai miei vecchi collaboratori ho imparato a conoscere ed apprezzare il carattere anche rude, ma sempre schietto, e la sensibilità di uomini di grande valore. Solidi, caparbi, coraggiosi.

Come il mio autista, Appuntato Amedeo Laino, di Diamante.  Poteva essermi padre, ma seguiva il suo giovane e inesperto tenente, a tutte le ore del giorno e della notte. Silenzioso, osservava tutto con sguardo da sbirro temprato dall’esperienza. Lo capivo dal suo sguardo. Non aveva bisogno di parlare. E quando parlava, lo faceva per ricordarmi due principi sacrosanti, che in gran parte ho fatto miei. Bisogna agire “non per timore di pena, né speranza di ricompensa, ma per intima convinzione”. E bisogna stare sempre “davanti ai cavalli, dietro ai cannoni e lontano dai superiori”.

Oppure come il Maresciallo Salvatore Scino, conosciuto alla fine degli anni ’80 da capo redattore de Il Finanziere. Un calabrese doc che da decenni dedica tutto il suo tempo libero ed i suoi risparmi agli ultimi. Con l’Operazione Mato Grosso, che ha anche realizzato il bel mosaico che orna l’aula principale della chiesa “Cuore immacolato di Maria rifugio delle anime” di Paravati, dedicata ad una grandissima Calabrese: Madre Natuzza.

Ma anche il collega Generale Emilio Errigo. Lupo e occhi di mare. L’ho conosciuto quando era ancora giovane sottufficiale, comandante di Guardacoste. Fece uno dei più grandi sequestri di droga – una nave intera – del secolo scorso. Sfidando molte volte la sorte, e rischiando la vita, ha scalato la gerarchica. Ora insegna diritto del mare presso l’Università di Calabria.

Non sono calabrese, ma mi piacerebbe esserlo, soprattutto perché da tre decenni ho due fraterni amici che mi hanno fatto conoscere le bellezze più intime, paesaggistiche, culturali ed eno-gastronomiche, di questa splendida terra. Offrendomi un’amicizia solida e sincera. Come solo i calabresi sanno offrire.

Il Professore Agostino Scozzarro e sua moglie Danila. Sono due pilastri del mio amore per la Calabria.

Agostino, stimato gastroenterologo endoscopista, operante tra Roma e Vibo Valentia, ha ereditato la mitezza di suo padre. Il Dottore Luigi Scozzarro, medico condotto di Spilinga per decenni. Alla cui memoria il Comune di Spilinga ha dedicato una piazza. Prigioniero dei francesi in Africa, durante la II Guerra mondiale, si fece amare anche da quelli che allora erano suoi nemici. Che curò, nel campo di prigionia, con lo stesso amore che dedicò durante tutta la sua vita ai suoi pazienti, oltre che alla sua famiglia.

La mamma di Agostino, professoressa Giuseppina Pugliese Scozzarro, calabrese del 1924, era una donna eccezionale. Con due lauree, una in Farmacia e l’altra in Scienze Naturali, è stata per anni preside in Calabria e a Roma. La ricordano tutti come un’icona del femminismo che non aveva bisogno di quote rosa per affermare carisma e qualità.

Il suo carattere forte e determinato non le consentiva di aveva paura. Di nessuno.

Donna Danila, moglie del Prof. Agostino Scozzarro, non ha origini calabresi. Ma con sangue sardo e veneto la Calabria l’ha adottata. Scegliendo di viverci anche quando la famiglia ha deciso di passare a Roma gran parte della settimana. Scelta fatta da imprenditrice. Dopo essersi dedicata all’educazione di due splendidi figli, ora adulti, ha dato vita – su di un terreno di famiglia abbandonato – ad uno splendido Agriturismo. Il Gallo Fino, vicino Capo Vaticano. Traendo da terra arida e prima incolta uno splendido complesso di produzione di olive, olio d’oliva e grano antico, di qualità eccelsa. Danila è un esempio di vera donna calabrese. Potrebbe essere figlia della suocera. Nulla l’ha piegata e scoraggiata nei suoi progetti. Neppure un incendio doloso. Né le difficoltà imprenditoriali subite da un sistema amministrativo-giudiziario che non sempre tiene conto delle difficoltà di fare impresa onesta nel territorio calabrese.

Vorrei essere calabrese, perché in questi amici splendidi vedo come i calabresi potrebbero fare uscire la loro regione da troppi stereotipi che la accompagnano.

Io vivo da 32 anni a Bruxelles. Dove Calabria è spesso sinonimo di mafia. Anche se cerco di spiegare ai miei amici, belgi e no, che Calabria è, soprattutto, tante altre belle cose. E che “le mafie” esistono anche fuori dell’Italia.

Calabria è sinonimo di tante belle persone, e non solo di incalliti criminali. Patria di prodotti splendidi come l’olio di Danila. Che ho fatto conoscere ai miei amici del Rotary Club di Bruxelles Ovest. Molti dei quali sono diventati affezionati consumatori. Alcuni di loro, tramite l’olio, Agostino e Danila, che mi hanno onorato della loro presenza a Bruxelles in occasione delle mie due cerimonie di passaggio della campana (da noi si chiama passation de pouvoirs) all’inizio e alla fine dell’anno rotariano 2021- 2022, sono stati invogliati a conoscere la bellissima terra di Calabria. Favorendo così il turismo in Calabria dal Nord Europa.

Non sono calabrese, ma vorrei esserlo. Perché apprezzo la forza dei calabresi che combattono ogni giorno. Da una parte contro una criminalità tra le più repellenti ed efferate. Dall’altra contro un sistema amministrativo-giudiziario, nazionale e locale, che, nonostante tanti eroici magistrati e appartenenti alle forze dell’ordine, non sempre li aiuta. A volte rischiando persino di opprimerli, con procedure di tipo kafkiano.

Ne ho avuto personale contezza quando, portavoce dell’Ufficio europeo per la lotta alla frode (Olaf), dovetti persino firmare dei comunicati stampa della Commissione europea per rettificare alcune informazioni pubblicate sulla stampa a proposito di indagini di un magistrato non calabrese, ma allora in servizio in Calabria. Informazioni che sconvolsero, per l’infondatezza e le gratuite insinuazioni, lo stesso Direttore generale dell’Olaf. Il compianto magistrato tedesco Franz-Hermann Brüner. Che da buon tedesco considerava insopportabile il circo mediatico-giudiziario italiano. Il PM responsabile di quelle indagini, entrato in politica, l’ho poi visto all’opera come parlamentare europeo. Prima di leggere sulla stampa i resoconti della sua attività da sindaco di una importante città.

Non sono calabrese, ma avrei forse timore di dover vivere, svolgendo una qualunque attività professionale, in Calabria. Perché so che dovrei difendermi non solo da una criminalità vigliacca, ma anche da uno Stato che a volte sembra più patrigno che padre.

Non sono calabrese, ma nonostante questo timore, in Calabria mi sentirei rassicurato da tante persone ostinatamente limpide, coraggiose e di valore. Come i miei amici Agostino, Danila, Salvatore, Amedeo, Emilio, e tanti, tantissimi altri.

Calabresi con la C maiuscola che meritano essere conosciuti da tutti. Soprattutto nel Nord Europa. Perché sono donne e uomini che non fanno onore solo alla Calabria, ma all’Italia e all’Europa intere.

Non sono calabrese, ma spero che i miei amici dei Rotary Club di Calabria mi possano considerare non solo come amico rotariano, ma anche come un sincero e convinto amico della loro splendida terra e della loro ancor più splendida gente